Il vangelo secondo Matteo

Il vangelo secondo Matteo, il più lungo tra i quattro canonici, per la ricchezza dei suoi contenuti, ha goduto di una larga diffusione lungo tutta la storia della Chiesa. È il “Vangelo del catechista”, utile per scoprire progressivamente Gesù e per comprendere che essere cristiani significa essere parte della Chiesa.

L’autore - luogo - data di composizione

La tradizione unanime della Chiesa antica attribuisce questo vangelo a Matteo, detto anche Levi (Mc 2,14), l’Apostolo che Gesù chiamò al suo seguito dalla professione di pubblicano, cioè di esattore delle imposte (Mt 9,9). La prima attribuzione a Matteo è l’affermazione di Papia, vescovo di Gerapoli nella Frigia, nel 130 d.C. che dice che: “Matteo ordinò i detti (di Gesù) in lingua ebraica e ciascuno li tradusse come ne era capace”. Oggi questa attribuzione è stata messa in discussione: gli studiosi moderni sono comunque concordi nel ritenere che l’autore sia un ebreo (come dimostrano le caratteristiche letterarie, le tematiche teologiche, il lessico, lo stile) esperto nella dottrina dei maestri della Legge mosaica.

Forse un primo nucleo di questo vangelo fu scritto tra il 40 e il 50 d.C. in lingua aramaica (la lingua comune in Palestina ai tempi di Gesù) ma di questo primo testo non abbiamo traccia. A noi, invece è giunto il testo greco, scritto probabilmente nel decennio che va dal 70 all’80 d.C. fuori dalla Palestina, in Galilea o ad Antiochia di Siria secondo numerosi studiosi. Tuttora non si riesce a stabilire il rapporto esatto tra gli scritti dell’Apostolo e questa redazione finale.

Nel vangelo di Matteo è presente materiale di Marco, della fonte Q e altro materiale personale, forse consistente in brani sparsi di tradizione orale, messi per la prima volta per iscritto da Matteo.

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